Intelligenza Artificiale e società postmoderna

Indice

Si continua a parlare d’Intelligenza Artificiale in ogni ambito ma è importante anche capire in che contesto sociale viene calata questa tecnologia.

Nel tentativo di ricostruire il passaggio dall’Umanesimo al Post-Umanesimo, in quest’articolo ci si è concentrati su due periodi storici specifici: l’età moderna e l’età post-moderna. Il transumanesimo sarà trattato successivamente in quanto periodo attuale di scoperte e ricerca scientifica. Se nell’Umanesimo la condizione iniziale era quella di un uomo assoggettato alle regole inviolabili della natura, intorno alle quali ruotavano quelle della società, della religione, della politica, gradualmente la situazione è andata modificandosi. L’età moderna, come vedremo, segna una rottura forte con gli schemi tradizionali e apre ad una visione più antropocentrica e meno subordinata dell’essere umano. Tale situazione rimarrà sostanzialmente immutata fino a tutta l’epoca post-moderna, quando le scoperte scientifiche permetteranno l’introduzione di una nuova componente nello scenario antropocentrico: quello dell’intelligenza artificiale attualmente studiata. Quello attuale è un periodo di grandi cambiamenti, di grandi domande: se il diritto è una delle massime espressioni della visione antropocentrica, la sua estensione ad un contesto legato all’intelligenza artificiale come si dovrebbe intendere? I dubbi che, correttamente, i giuristi si stanno ponendo in merito alle responsabilità dell’algoritmo e del fornitore, sono la messa in discussione di quell’antropocentrismo che ha contraddistinto l’epoca moderna.

L’attuale epoca è a cavallo tra la post-modernità e il transumanesimo ma è necessario iniziare l’analisi dal periodo moderno per avere maggiore chiarezza.

Modernità

L’età della modernità è stata pervasa dalla tecnica: se ne è ampiamente discusso in questo articolo facendo riferimento alla visione di Heidegger e alla straordinaria lungimiranza del filosofo. L’epoca moderna ha un’inizio molto antico: potremmo farlo risalire a Galileo e Bacone, ossia ad un periodo nel quale la scienza spiegava la realtà a pezzi per poi offrirne una visione incontrovertibile.

La scienza moderna isola del tutto le parti, che essa esamina, ossia non si rivolge alla totalità dell’ente. E tuttavia, al suo inizio, essa si presenta come sapere incontrovertibile.

Fonte: “La Filosofia Moderna”, E. Severino, Bur, 2023, Pg.53

È un processo teso ad offrire una “concretezza tangibile della realtà”, qualcosa che possa spiegare e modificare la percezione individuale della vita. Lo stesso Severino scriverà, a proposito degli idola nella filosofia di Bacone, che «la vera scienza è vera potenza sulla natura, e quindi capacità di mitigare il dolore dell’uomo1». Il dominio che lentamente l’uomo ha ritenuto di affermare sulla natura è stato perpetrato grazie alla tecnica, della quale si potrebbe dire molto, incluso che ha una valenza relativa solo all’uomo stesso. La natura procede indipendentemente da essa.

È fondamentale considerare due fattori dell’evoluzione del pensiero moderno: l’azione e il tempo. Nessuno di questi due aspetti ha una reale importanza nel contesto della natura: la singola azione (εργον) è alla base dell’attività tecnica. Nella visione moderna l’azione è parametrizzabile e obbliga la natura ad essere assoggettata a parametri ai quali deve dare risposta. Si tenga presente che anche il più accurato degli esperimenti scientifici, poggia su assunti teorici non presenti in natura (ad es.: il punto, la retta, il piano). In effetti oggi molte delle discipline scientifiche che in passato si affermavano come indiscutibili, hanno la consapevolezza di lavorare su ipotesi2.

Il tempo è una straordinaria invenzione umana: impiegata per dare importanza alla vita degli uomini sulla Terra. Presuntuosamente potremmo chiamarlo il giocattolo della memoria degli uomini, meno presuntuosamente potremmo definirlo un metro che esiste solo per l’essere umano e nemmeno per tutti allo stesso modo. Se Heidegger si è fermato ad analizzare i vari tipi d’impiego del tempo3 (lineare, circolare, etc…), dall’altra parte è impossibile non accogersi del fatto che la natura non ha bisogno di tempo per sè. La natura viveva, vive e vivrà fuori dal tempo.

Chi invece ha un gran bisogno di tempo è l’essere umano e, nella fattispecie, la tecnica come massima espressione del capitalismo e della razionalizzazione dell’evoluzione tecnologica. L’espressione il tempo è tutto coincide con una realtà che viene assoggettata in quasi tutti i suoi aspetti ad una logica temporale. Il costo del lavoro è in giornate uomo, i processi di calcolo si misurano su base temporale, la velocità stessa è su base temporale (ad es.: 130 Km/h).

Si pensi che della modernità hanno fatto parte eventi e personaggi come:

  • Illuminismo: 1700 – 1789 (Rivoluzione Francese), però bisogna considerare che il termine del movimento in Europa e negli Stati Uniti fu più lento.
  • Feuerback: 1857 con la sua celebre Teogonia.
  • Nietsche: 1882 “Gott ist tot! Gott bleibt tot! Und wir haben ihn getötet (Dio è morto! Dio resta morto! E lo abbiamo ucciso noi!)”,Friedrich Nietzsche, La gaia scienza [1882], III, 125, trad. di F. Masini, in Opere, volume 5, tomo 2, Adelphi, Milano 1965, p. 130

Postmodernità

Il passaggio dalla modernità alla postmodernità avviene a partire dal XX secolo ed è un processo lento ed inesorabile; il termine postmoderno si fa risalire alla crisi capitalistica e al 1960. La trasformazione può essere analizzata sotto molti aspetti: sociale, religioso, tecnologico e ognuno di questi è connesso agli altri. Dal punto di vista tecnologico, ad esempio, un grande punto di partenza lo ha segnato la cibernetica il cui padre è stato il matematico Norbert Wiener. I suoi studi sono la base dell’epoca postmoderna che è contraddistinta dall’integrazione tra organismi e tecnologie o, per essere più chiari, tra esseri organici e tecnologie elettroniche (si ricorda che Wiener nel 1964 ipotizzò la costruzione di una memoria artificiale organica). Alla base dell’epoca postmoderna vi è quindi una componente macro-economica, nonché una di tipo sociale. Alla fine del XX secolo si afferma la New Age, come traduzione di tutte queste spinte culturali all’interno del contesto sociale; e con essa viene a mutare irrimediabilmente anche il rapporto tra l’uomo e la spiritualità. Nascono nuove religioni, nuove filosofie, nuovi modi di vivere che hanno tutti una cosa in comune: la capacità di esperire direttamente la dimensione mistica. Le droghe, le terapie alternative, le ritualità, investono direttamente lo stato di coscienza dell’individuo alla ricerca di un piano di confronto più tangibile rispetto da quello tradizionale.

La componente religiosa

Per capire l’evoluzione della postmodernità è quindi essenziale dare uno sguardo anche alla trasformazione che negli anni ha coinvolto la religione e la società. L’epoca postmoderna ha obbligato la religione a riflettere sul cambiamento sociale in atto, basato su una delocalizzazione delle religioni più antiche, ad appannaggio di nuove credenze percepite più “vicine”, più “reali” e più comprensibili. Alle soglie del 2000 ci fu un convegno organizzato dalla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale in cui, tra i relatori, parlò anche il teologo Pierangelo Sequeri:

Il narcisismo di una religione gnostica e il dispotismo di una religione sacrificale si trascolorano l’uno nell’altro, nutrendosi degli stessi argomenti e delle stesse aspirazioni. L’autoreferenzialità religiosa dell’io-atomo e quella dell’io-massa sono ormai soltanto superficialmente distinte nel postmoderno.

Fonte: “La Religione Postmoderna”, AA.VV., ed Glossa (2003), Pg 81

La postmodernità ha istituito una dimensione del sé diversa e autoreferenziale; ciò ha portato alla crisi di una serie di valori religiosi e spirituali che non trovavano più la giusta allocazione all’interno dell’individuo. Nel processo di rivalutazione della dimensione spirituale-religiosa si ha la percezione che l’essere umano si liberi da un Dio che improvvisamente avverte come lontano e inadatto a comprendere la realtà. Lo stesso Sequeri, in occasione di quel convegno, affermerà:

La ricerca di una religiosità personalizzata, in effetti, non va soltanto vista nella forma del puro e semplice abbandono della religione tradizionale. Anzi. Né si esprime nella pura e semplice deriva della deistituzionalizzazione selvaggia o della gratificazione individualistica.

Fonte: “La Religione Postmoderna”, AA.VV., ed Glossa (2003), Pg. 71

La postmodernità è quindi un periodo storico di rivalutazione di principi e valori che produce entropia: si smette di credere in Dio e si inizia a credere di credere come direbbe Vattimo. Forse è proprio il titolo dell’opera di Vattimo a rappresentare al meglio il rapporto tra religione e postmodernità: “Credere di credere. È possibile essere cristiani nonostante la chiesa?”. Se l’uomo si sta effettivamente distaccando dalla religione, così come ha scritto anche Severino, è per orientarsi non più verso una zona di sacralità mistica ma verso qualcosa di diverso.

L’affidarsi a Dio incomincia ad apparire come alienazione e rinuncia dell’uomo a se stesso, quando non si crede più che l’infinita potenza di Dio sia qualcosa di esistente.

Fonte. “Il Declino del Capitalismo”, E. Severino, BUR, Pg. 139

Questo “qualcosa” è basato sull’esperienza e quindi rispondente ad un piano fenomenologico, empirico, esperibile, a volte anche tangibile ma non del tutto spiegabile. Molte delle tecnologie moderne sono percepite come “sorprendenti”, “meravigliose” , al limite del misterioso (complice anche un’azione comunicativa molto efficace), l’intelligenza artificiale è sicuramente tra queste.

La componente tecnologica

La diffusione della tecnologia ha portato ad una generalizzata massificazione dell’interpretazione del mondo contemporaneo, seguendo modelli distanti da quelli tradizionali e favorendo la creazione di fratture sociali che hanno messo in crisi l’identità dell’individuo. Questo ha provocato, da una parte un isolamento sociale di cui si parla in molti testi sociologici, dall’altra la necessità di associarsi in gruppi e contesti condivisi come reazione a tale fenomeno.

Bisogna quindi domandarsi criticamente quale sia la modalità migliore per diffondere una tecnologia così rilevante e pervasiva, al fine di evitare “contraccolpi” non solo economici ma anche sociali. Un’interessante espressione di questo fenomeno è riportata da Franco Riva, Docente di Etica sociale presso l’Università Cattolica del S. Cuore di Milano.

La libertà non sa più cosa farsene di se stessa. È diventata superflua a se stessa, inutile perché sempre sorpassata mentre si afferma, e noiosamente affermata mentre viene superata.

Temere la tecnologia

Temere qualcosa, qualcuno, ci obbliga ad assumere un atteggiamento di cautela. Tale atteggiamento è funzionale a studiare l’altro, studiare le intenzioni, orientarci verso la comprensione o, nel minore dei casi, verso l’intuizione. Ciò che si teme, va per forza capito per scongiurarne le conseguenze: la tecnologia non si teme benché sia in grado di produrre numerose conseguenze sociali.

La prima riflessione da fare è che la tecnologia non andrebbe temuta: è oggettivamente fonte di evoluzione, di miglioramento sociale, di diffusione della cultura. È un diritto fondamentale dell’uomo accedere ad una risorsa preziosa come Internet, sul sito dell’Unione Europea è scritto:

In qualsiasi parte dell’ UE devi poter avere accesso a servizi di comunicazione elettronica di buona qualità a un prezzo accettabile, compreso l’accesso di base a Internet. Si tratta del cosiddetto principio del “servizio universale”. Dovrebbe esserci almeno un fornitore di servizi Internet che ti possa offrire questo servizio.

Fonte: Unione Europea (link)

Ma l’esperienza di una tecnologia non dovrebbe portare a trascurare le implicazioni sul corretto utilizzo della stessa. L’opportunità può celare complessità e conseguenze non indifferenti da non sottovalutare. La cautela allora è d’obbligo e dovrebbe spingere ad un’analisi attenta prima di procedere ad una diffusione ed una conseguente adozione.

A valle di ciò, si sono realizzate delle “visioni catastrofiche” riguardo alle possibili conseguenze di un progresso fuori controllo, ma contemporaneamente, sono riemerse quelle speranze che sempre albergano nell’animo degli uomini: sconfiggere le malattie, sconfiggere le soggerenze e allontanare la morte fino a tentare di eliminarla

Fonte: “Postumanesimo e Filosofia”, Claudio Bonito, Mimesis Editore (2022), Pg. 28

Conclusioni

Si consideri un momento specifico della storia culturale del ‘800, quello che ha portato alla nascita non solo dell’Illuminismo mai degli ideologi. Entrambe le correnti avevano avuto come riferimento il matematico Condorcet e grazie al quale «avevano sognato di scoprire e applicare le leggi matematiche che dovevano regolare in modo razionale e giusto il formarsi delle decisioni nei tribunali, nelle assemblee e nelle elezioni o servire a governare l’economia»4.

È impossibile non notare da quanto tempo la società si sta preparando alla digitalizzazione: attraverso studi di razionalizzazione dei processi ma anche di analisi antropometriche non indifferenti (si pensi a quanto analizzato da Craik). La strada è ben più lunga e antica di quello che appare al momento.

Eppure questo deve destare qualche riflessione: ci si deve porre il problema, ad esempio, di un utilizzo etico delle tecnologie più avanzate. Si deve assoggettare la decisione ad una valutazione attenta del rispetto della comunità, che non può essere fatta dal reparto marketing di un’azienda, o dal social media manager. È fondamentale tornare alla sostanza dei concetti: uscendo dall’eterna semplificazione che affligge la nostra epoca; non c’è niente di male a semplificare ma quando tale processo viene forzato il risultato non sarà apprezzabile. L’eccesso di semplificazione porta ad una banalizzazione e la banalizzazione dei valori sociali non può comportare nulla di buono.

La semplificazione è un’azione meritoria tesa a ridurre la complessità mantenendo inalterato il complessivo di un’idea, di un processo. Questo può implicare anche il mantenimento di un certo grado di complessità come elemento strutturale dell’idea o del processo. In sostanza si semplifica quello che si può ma si mantiene ciò che serve al necessario funzionamento dell’idea/processo (si ricordi che la burocrazia viene in parte mantenuta perché necessaria, la si chiama generalmente “burocrazia sana”).

La banalizzazione è la riduzione dell’idea/processo a minimi termini di comprensione senza la preoccupazione di salvaguardare alcun nucleo di eventuale necessaria complessità, non curandosi, di conseguenza, di eventuali trasformazioni di senso o interpretazioni che il cambiamento può portare e/o comportare. Forse vale la pena concludere questo articolo con una frase del medico chirurgo e premio Nobel (1912) Alexis Carrel:

Grazie alla conoscenza di se stessa, l’umanità, per la prima volta dall’inizio della storia, è diventata padrona del proprio destino; ma sarà capace di utilizzare a proprio vantaggio la forza illimitata della scienza?

“L’uomo, questo sconosciuto”, Alexis Carrel, 1937

Note

  1. “La Filosofia Moderna”, E. Severino, Bur, 2023, Pg.59 ↩︎
  2. Si pensi alla filosofia di Cartesio in merito all’apparire del mondo ma, più recentemente, all’affermazione di Nietsche “no, i fatti proprio non esistono, bensì esistono solo interpretazioni↩︎
  3. “Il Concetto di Tempo”, M. Heidegger, Adelphi, 2023 ↩︎
  4. “Il Mondo come Gioco Matematico”, G. Israel, Bollati Boringhieri (2018), Pg.13 ↩︎

2 risposte

  1. Prof, come sempre nei suoi articoli, lei riesce a catturare l’attenzione per la meravigliosa esposizione e a far riflettere su tematiche tanto attuali quanto importanti, regalando al lettore delle “chicche” di cultura. Grazie, davvero.