Sta rimbalzando da ore la notizia che Meta, la società di Mark Zuckerberg, possa abbandonare l’Europa e quindi “chiudere” Facebook per via delle stringenti politiche di gestione dei dati personali. La notizia è falsa, è stata letta in modo capzioso da molti giornali e ciò ha portato la stessa Meta a smentirla, tuttavia dovremmo soffermarci un attimo a riflettere sull’accaduto.
Che alcuni quotidiani fossero particolarmente fantasiosi nella creazione dei titoli lo sapevamo ma è interessante leggere quanto riportato da Zuckerberg in un comunicato e riportato sul Sole 24 Ore oltre che su altri quotidiani.
Non abbiamo assolutamente alcun desiderio e alcun piano di ritirarci dall’Europa. Semplicemente Meta, come molte altre aziende, organizzazioni e servizi si basa sul trasferimento di dati tra l’Ue e gli Stati Uniti per poter offrire servizi globali. Come altre aziende, per fornire un servizio globale, seguiamo le regole europee e ci basiamo sulle Clausole Contrattuali Tipo (Standard Contractual Clauses) e su adeguate misure di protezione dei dati
Mark Zuckerberg su Sole 24 Ore (link)
Il problema di Meta è però un punto di forza dell’Europa e i detrattori del GDPR dovranno riconoscere che il Regolamento sta dando i suoi frutti. La questione è sul “come” trattare in modo adeguato i dati degli utenti europei, e ciò significa che questi richiedono un’attenzione differente rispetto alle altre parti del mondo e che, con tutta probabilità, la profilatura degli utenti fatta “nel modo classico” non è più qualcosa di praticabile.
Meta sta attraversando la sua personale rivoluzione e deve scendere a patti con una realtà sociale completamente differente dalle altre in termini di protezione dei dati. Lo si registra in difficoltà che hanno varie ripercussioni, anche azionarie come mostra l’intervallo tra il 1 e il 4 febbraio. Aziende prima di lei hanno fatto questo cambiamento, hanno portato avanti una rivoluzione tecnologica importante che, almeno in apparenza, è risultata premiante. Oggi, Francesco Costa, all’interno podcast “Morning” prodotto dal Post, ha ricordato come Apple abbia inserito la funzione anti-tracciamento
Da quando esiste questa opzione soltanto il 24% degli utenti ha consentito di farsi tracciare dagli inserzionisti pubblicitari.
Ma una pubblicità diversa è effettivamente possibile?
La profilazione “verticale”, come viene ormai definita da molti specialisti, è efficace ma ritenuta desueta perchè molto invasiva, al punto da risultare fastidiosa se non eccedente. Ne consegue che l’Europa ha creato una condizione di necessaria riflessione che gli attori internazionali stanno affrontando diversamente. Apple, ad esempio, sta effettivamente spingendo il concetto dell’anti-tracking e della privacy. La platea sembra gradire questo atteggiamento, favorendo quindi un utilizzo più sano e meno invadente degli strumenti pubblicitari.
È una battaglia importante vinta dal GDPR, perchè dimostra innanzitutto che gli utenti vogliono la propria privacy e che un modello di business differente è effettivamente possibile senza immaginare il crollo delle vendite di beni e servizi. Certo, Apple svolge un’attività differente da Meta ma entrambi vendono servizi ad una platea estesa (ricordo che Apple vende servizi social-multimediali, quali il servizio Music e il servizio TV+)
È sempre stato un fattore culturale
Il Garante Europeo ha dimostrato che la privacy è quindi un valore per tutti, un segnale che era arrivato in passato anche per altre vie (ricordate le migrazioni di massa -seppur senza troppo senso- da Whatsapp a Telegram per ragioni di privacy?).
25 milioni di nuovi utenti si sono iscritti a Telegram solo nelle ultime 72 ore. – ha specificato Durov – Le persone non vogliono più scambiare la loro privacy con servizi gratuiti
Fonte: L’Adige (link)
Come ogni fenomeno culturale la privacy deve essere riscoperta e questo richiede tempo e fatica: gli utenti devono essere informati sui loro diritti, ma questo non basta. Le autorità preposte devono vigilare e agire attivamente e tempestivamente per la loro tutela. Questo è accaduto in Europa e questo è accaduto soprattutto in Italia quando Soro commentò la Dichiarazione della Corte di Giustizia Europea riguardo alla causa che ha visto contrapposti il cittadino austriaco Maximillian Schrems e l´Autorità irlandese per la protezione dei dati in un caso relativo a Facebook (era il 2015).
Con questa sentenza la Corte di Giustizia Europea rimette al centro dell´agenda degli Stati il tema dei diritti fondamentali delle persone e la necessità che questi diritti, primo fra tutti la protezione dei dati, vengano tutelati anche al di fuori dei confini europei […] La Corte ha riaffermato con forza che non è ammissibile che il diritto fondamentale alla protezione dei dati, oggi sancito dalla Carta e dai Trattati UE, sia compromesso dall´esistenza di forme di sorveglianza e accesso del tutto indiscriminate da parte di autorità di Paesi terzi, che peraltro non rispettano l´ordinamento europeo sulla protezione dei dati.
Fonte: Garante della Privacy (LINK)
Il futuro è una sfida
Il futuro che ci attende deve essere inteso come una sfida. Le aziende dovranno “reinventarsi” e stabilire con noi utenti un servizio migliore, più innovativo, più trasparente ed equilibrato. Per Meta questa non dovrebbe essere considerata come “il principio di una la fine” ma un vero e proprio nuovo inizio, quello di un modo differente per gestire gli utenti; una vera ed autentica rivoluzione.