Il 14 febbraio il collettivo Anonymous ha effettuato un data breach ai danni della Regione Basilicata e di alcuni comuni: il data breach, di per sé, ha evidenziato i canonici (e purtroppo frequenti) problemi di sicurezza ma il post sul loro blog ha avuto un interessante risvolto di cui si parla poco e che, invece, conferma quanto già in atto da circa due anni.
A valle della pubblicazione della notizia, sul blog del collettivo è arrivato un commento molto interessante e di cui è necessario fare una doverosa analisi. Il messaggio, seppur “anonimo” come autore, è stato firmato con nome e cognome: Giuseppe Di Bello, Tenente della Polizia Provinciale di Potenza. Il messaggio, postato alle 11:01 dice:
Cari Anonymous sono Giuseppe Di Bello, il Ten della Polizia Provinciale di Potenza che ha subito ogni genere di persecuzione per la semplice ragione di aver provato a fare il mio dovere, mi occupavo di ambiente, di inquinamento, tutela delle acque, del suolo e dell’aria. E per aver scoperto a fine 2009 e gennaio 2010 che le compagnie petrolifere e le società di smaltimento rifiuti stavano inquinando le acque ad uso umano e potabile per milioni di cittadini del mezzogiorno d’Italia che si servono delle acque degli invasi Lucani, veniva denunciato dal vice presidente della giunta regionale nonché assessore all’ambiente di Basilicata. Veniva successivamente messo a tacere in un museo, sottratto dalle sue funzioni fino al 2020. Dopo che le evidenze pubbliche mi davano ragione, dopo gli arresti ed i sequestri del 2016 per traffico e smaltimento illecito di rifiuti pericolosi da attività estrattive, dopo gli arresti per disastro ambientale val d’agri ad opera di ENI e SHELL (che detiene il 40% del permesso) del 2019, ma soprattutto dopo 2 vittorie in Cassazione e la chiusura di tutto quanto nel 2017 ad oggi non sono stato ancora reintegrato nei miei ruoli compiti e funzioni. La storia è molto lunga e dubito abbiate in questo momento la pazienza di leggere tutto quanto. Vi scrivo per una grandissima cortesia se potete farla, io sono convinto che le decine di dirigenti e funzionari pubblici a processo insieme ai petrolieri ed ai signori della monnezza, se lo sono è perché hanno taciuto e fatto l’opposto di quanto era nel loro dovere di fare, verosimilmente perché sia loro che i politici hanno percepito e continuano a percepire somme da conti estero su estero e carriere fulminee. Posso portarvi numerosi e verificabili esempi, se in qualche modo pur mantenendo tutto e per intero il vostro anonimato volete darmi qualche spunto proveniente dal settore informatico di cui il sottoscritto è ignorante nel senso che non ha quegli strumenti utili per verificare quello che succede personalmente e direttamente. Beh se esiste un modo perché voi possiate entrare in contatto con me pur rimanendo anonimi io sono alla ricerca di un aiuto concreto per quel tassello mai scoperto fino in fondo che sicuramente produrrebbe effetti positivi togliendo disonesti dalle stanze dei bottoni.
Fonte: Blog di Anonymous
cari saluti a tutti. potenza 17 febbraio 2020
La risposta del collettivo non si è fatta attendere:
Salve Sig Di Bello,
Fonte: Blog di Anonymous
abbiamo rimosso il suo num e la sua mail dal commento, perche anche se sono reperibili pubblicamente preferiamo che non siano esposte qui.La contatteremo presto,nel frattempo la ringraziamo per il suo supporto.
Grazie
Cordiali Saluti
Anonymous Italia
Questo “semplice” ma importante scambio di messaggi si colloca in una crescente tendenza dei collettivi hacker più noti (Anonymous Italia e LulzSec_ITA) ad essere presenti su Internet. Vi basti pensare che il 2020 è iniziato da due mesi è Anonymous ha superato la metà della totalità dei tweet inviati nel 2019. Significa un enorme incremento nella pubblicazione dei messaggi.
Tornando alla faccenda di opLucania ho deciso, per una questione di correttezza, di cercare il Sig. Di Bello e prendere contatto con lui per avere una conferma in merito al post lasciato sul sito di Anonymous. Mi ha confermato di esser stato lui a scrivere sul sito di Anonymous.
A questo punto la domanda che è sorta spontanea è stata “come mai ha fatto ricorso ad Anonymous“: parliamo di una persona impegnata in prima linea per difendere la salute della sua terra. Le accuse di Di Bello sono gravi e ulteriormente appesantite dal fatto che provengono da un uomo appartenente ad un’istituzione ben precisa: la Polizia Provinciale di Potenza.
Credo sai evidente quanto possa essere serio l’appello di quest’uomo che, per la sua terra e la salute dei suoi cittadini, ha pubblicato richieste di aiuto di varia natura: inclusa quella ottenuta scrivendo sul sito di Anonymous Italia. Ho chiesto al Sig. Di Bello se avesse una dichiarazione che riporto integralmente:
Ciao a tutti grazie per il sostegno sulla battaglia che stiamo portando avanti da anni contro le multinazionali del petrolio ed i signori della monnezza in Basilicata. È una lotta che non riguarda solo la Basilicata ma l’intero mezzogiorno d’Italia. A rischio le acque ad uso umano e potabile per milioni di cittadini della Puglia della Campania della Basilicata e della Calabria. Chiunque può darci una mano a livello di ricerche informatiche per incastrare i delinquenti in giacca e cravatta che stanno provocando tutto questo è il benvenuto
Ma chi è Giuseppe Di Bello?
A questa domanda si risponde facilmente, attraverso un’intervista rilasciata il 4 aprile 2016 direttamente a Il Fatto Quotidiano:
Mi chiamo Giuseppe Di Bello, sono tenente della polizia provinciale ma attualmente faccio il custode del Museo di Potenza. Da sei anni sono stato messo alla guardia dei muri, trasferito per punizione perché ho disonorato la divisa che porto. L’ho disonorata nel gennaio del 2010 quando mi accorgo che la ghiaia dell’invaso del Pertusillo si tinge di un colore opaco. Da bianca che era la ritrovo marrone. Affiora qualche pesciolino morto. L’invaso disseta la Puglia e irriga i campi della Lucania. Decido, nel mio giorno di riposo dal lavoro, di procedere con le analisi chimiche. Evito di far fare i prelievi all’Arpab, l’azienda regionale che tutela la salute, perché non ho fiducia nel suo operato. Dichiara sempre che tutto è lindo, che i parametri sono rispettati e io so che non è così. L’Eni pompa petrolio nelle proprie tasche, e lascia a noi lucani i suoi veleni. Chiedo la consulenza di un centro che sia terzo e abbia tecnologia affidabile e validata. Pago con soldi miei. Infatti le analisi confermano i miei sospetti. C’è traccia robusta di bario, c’è una enorme concentrazione di metalli pesanti, tutti derivati da idrocarburi. E’ in gioco la salute di tutti e scelgo di non attendere, temo che quei documenti in mano alla burocrazia vadano sotterrati, perduti, nascosti. Perciò le analisi le affido a Maurizio Bolognetti, segretario dei radicali lucani, affinchè le divulghi subito. Tutti devono sapere, e prima possibile!
Fonte: Il Fatto Quotidiano
Le dichiarazioni effettuate all’epoca sono di una gravità inaudita e sono state oggettivamente riportate da molti editoriali: vi invito a cercarle tramite i principali motori di ricerca. La versione integrale di questa intervista è reperibile cliccando qui.
Anche in Senato
Ho approfondito ulteriormente la questione per scoprire che il 5 febbraio 2020 c’è stata una seduta (la n. 187) in Senato nel quale il Senatore De Bonis ha presentato un’interrogazione sull’argomento e di cui riporto il link cliccando qui.
Vi invito a leggere integralmente l’intervento di De Bonis anche se qui se ne riporta un sintetico stralcio.
Nel maggio 2010 il tenente Giuseppe Di Bello, dopo esser stato denunciato per violazione del segreto d’ufficio, veniva trasferito al museo archeologico di Potenza; in particolare, nell’ambito della lotta all’inquinamento petrolifero in Basilicata, lo stesso tenente Di Bello aveva realizzato, a proprie spese e con propri mezzi, durante le giornate di ferie, i campionamenti di acque destinate al consumo umano per milioni di cittadini del Sud Italia al fine di verificare se la qualità fosse buona. Egli aveva svolto i controlli di natura ambientale e la sua iniziativa contribuì ad evidenziare uno scandalo di grandi proporzioni in ordine all’inquinamento delle acque potabili, destinate al consumo di milioni di persone in diverse regioni del sud Italia; dopo un lungo processo, il tenente Di Bello fu assolto. Più precisamente, la sentenza di assoluzione è stata emessa dopo un complesso iter processuale, che dal 2012 al 2018 ha visto protagonisti il Tribunale di Potenza e la relativa Corte di appello, la Corte di cassazione, la Corte di appello di Salerno, fino a giungere al 6 dicembre 2018, quando la prima sezione penale della Corte di appello di Napoli ha annullato la sentenza di condanna emessa in primo grado;
Fonte: Senato – Seduta n. 187
Per prendere contatto con il Sig. Di Bello è stato usato Messenger di Facebook tramite la pagina ufficiale “Giuseppe Di Bello Liberiamo La Basilicata”: come sapete non è costume del sottoscritto esprimere un giudizio di valore in merito ai fatti ma solo riportarli nel modo più asettico possibile. C’è da dire, tuttavia, che la presenza dello Stato sul territorio deve essere costantemente garantita se si vuole mantenere un equilibrio nel rapporto tra cittadini e istituzioni. L’azione di divulgazione del Sig. Di Bello va inserita in un contesto di forte necessità di supporto attivo, in una battaglia che interessa tutti i cittadini anche quelli che non abitano in Basilicata.
Invito tutti voi ad approfondire l’argomento in modo autonomo: fornisco alcuni link utili.