L’utilità della tecnologia

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Da qualche mese si cominciano a leggere articoli che sembrano riproporzionare l’importanza di talune tecnologie di cui finora si è parlato molto. Tra queste, ovviamente, c’è anche l’intelligenza artificiale…

Cosa sta succedendo

L’entusiasmo nella tecnologia è qualcosa di meraviglioso ma, a conti fatti, non contribuisce al consolidamento delle soluzioni tecnologiche. L’entusiasmo ci permette di conoscerle in molti aspetti, di vederne i pregi e i difetti ma non ha nulla a che vedere con l’impiego reale, con la reale utilità e con l’effettiva adozione.

Dopo un primo grande momento di entusiasmo legato all’intelligenza artificiale, adesso si comincia sempre più frequentemente a parlare di “bolla” e lo stesso vale per altre tecnologie che, in teoria, si sarebbero dovute affermare come largamente diffuse. Vale la pena citare un ottimo articolo pubblicato da Wired Italia a firma di Andrea Daniele Signorelli e intitolato “Nvidia, OpenAI e la bolla dell’intelligenza artificiale

E se questa scommessa si rivelasse perdente? In sintesi estrema, è questa la paura che sta iniziando a circolare: che Nvidia, Meta, Microsoft, OpenAI (su cui torneremo più avanti) e tutte le altre realtà del settore abbiano puntato immense quantità di denaro su un futuro che potrebbe non verificarsi mai. “Le enormi spese nel campo dell’intelligenza artificiale non sono state fino ad adesso giustificate, viste le applicazioni limitate di questa tecnologia”, hanno affermato gli analisti di JPMorgan.

Ed in effetti le stesse perplessità erano state mosse su questo blog quando, esaminando la richiesta energetica della I.A. ci si era domandato quanto fosse necessaria una larga diffusione di tale tecnologia a fronte di tale consumo. Lo stesso articolo di Wired sopra citato, riferendosi alle frasi del fondo d’investimento Elliot Management Corporation sull’intelligenza artificiale riporta:

Non saranno mai convenienti dal punto di vista economico, non funzioneranno mai come ci si attende, richiederanno sempre troppa energia o si dimostreranno inaffidabili

Il fondo d’investimento Elliot Management Corporation, al 30 giugno 2024, gestiva circa 69,7 miliardi di dollari di asset ed è considerato un soggetto molto affidabile nell’analisi finanziaria e dei mercati.

La bolla

In finanza esiste un teorema chiamato “Teoria dell’utilità attesa” che Wikipedia riporta in questo modo:

La teoria dell’utilità attesa si basa sull’ipotesi che l’utilità di un agente in condizioni di incertezza possa essere calcolata come una media ponderata delle utilità in ogni stato possibile, utilizzando come pesi le probabilità del verificarsi dei singoli stati come stimate dall’agente.

L’aspetto rilevante di questo teorema è che, tra i vari impieghi, vi è anche quello utilizzato per capire dove investire il che, a tutti gli effetti, torna utile per comprendere il fenomeno della bolla. Il consolidamento di una tecnologia non è dato dalla sua spettacolarità o dalla sua apparente diffusione mediatica: bensì dalla sua capacità di essere applicabile in più contesti, in un regime di sostenibilità. Proporre una tecnologia potente ma che drena le risorse energetiche di un’intera città, significa presentare qualcosa di non sostenibile e quindi inutilizzabile se non addirittura dannoso.

Blockchain e Bitcoin

C’è una battaglia che va avanti da anni sull’utilità della blockchain e sulla solidità dei bitcoin. Il mercato, fino ad ora, ha stabilito una verità: la blockchain si è affermata grazie soprattutto ai bitcoin che hanno raggiunto un valore economico ragguardevole. Questo è innegabile e farlo significherebbe rifiutare un dato quantitativo: che 1 bitcoin vale al momento 54.230,22 euro. (15/09/2024 11:50) Un tasso di cambio spaventoso. Eppure da mesi si continua a parlare di bolla di prossimo ed imminente decadimento, argomenti a cui gli investitori della criptovaluta sono ormai abituati. Articoli come quelli di Milano Finanza “Bitcoin, per la Bce è solo una bolla speculativa. L’Etf non cambia la sostanza: la crypto non è adatta come metodo di investimento” o come quello del Corriere delle Comunicazioni “Bitcoin, la Bce: «Solo una bolla speculativa, castello di carta croller໓.

Ed in questa guerra tra opinioni e dati, legittima e interessante, rimane però un dubbio: la blockchain in quali altri settori si è affermata? Si sarebbe dovuta affermare largamente in ogni settore della vita economica dei cittadini: transazioni finanziarie, rapporti commerciali ma ad oggi i progetti sono molto pochi benché in alcuni casi ben realizzati (ci sono casi di applicazione degli smart contracts molto riusciti). Qualche liceo ha provato ad adottare la blockchain di alcuni fornitori per marcare i titoli di maturità ma fondamentalmente lo sposalizio con questa tecnologia è stato a dir poco turbolento. Il motivo è semplice: consuma troppa energia (il caso della proof-of-work) e per questo si è pensato di progettare e realizzare sistemi alternativi come il proof-of-stake (per approfondimento consiglio questo video esemplificativo) ma con grandi problemi ancora da risolvere. La strada è lunga e assolutamente tutt’altro che banale come era stata ipotizzata in principio da molti tecnoentusiasti.

L’intelligenza artificiale

Agenda Digitale, la celebre rivista elettronica di tecnologia e non solo, nel giugno del 2024 aveva pubblicato un interessante articolo a firma del Prof. Umberto Bertelè e intitolato “AI, i primi grandi dubbi sul super boom“. L’abstract dell’articolo contiene uno dei problemi più noti di questo fenomeno di crescita rapida:

La Borsa continua a puntare sull’AI generativa, con le big tech che incrementano gli investimenti. Tuttavia, la stampa economica internazionale esprime scetticismo sui ritorni per gli investitori. Le autorità antitrust statunitensi indagano le principali aziende tech. Nel frattempo, nuove applicazioni AI emergono, sperimentate da un numero crescente di startup.

L’intelligenza artificiale oggi sta avendo una crescita assai distopica: la massa la utilizza per creare artefatti della vita reale (foto, video, audio) mentre sono realmente pochi i soggetti che maneggiano “grandi moli di dati” a scopo di ricerca. È quindi giustificabile tutto il consumo energetico generato da tale elaborazione o sarebbe più opportuno restringerlo ai casi davvero necessari?

Le auto elettriche

Un altro esempio lampante di potenziale bolla è quello legato alle auto elettriche di cui, ormai molti anni fa, parlò Sergio Marchionne ex amministratore delegato di Ferrari. Era il 2017 quando Marchionne parlò, in modo non entusiasta ma pragmatico, dell’evoluzione tecnologica legata all’elettrico. Gli furono riservati molti articoli di cui uno molto efficace su La Stampa a cura di Francesco Spini.

I limiti dell’elettrico non riguardano soltanto i costi l’autonomia i tempi di ricarica o la rete rifornimento. C’è un elemento molto più importante che non viene quasi mai considerato: il loro impatto ambientale durante tutto il ciclo di vita specialmente per quanto riguarda la fonte da cui si ricava l’energia elettrica. L’emissione di energia è prodotta da combustibili di fossili che, nelle migliori delle ipotesi, sono equivalenti ad un auto a benzina.

Da qualche mese sta aumentando l’interesse verso le auto ad idrogeno che in altri paesi (ad esempio la Francia) ricevono già sostanziosi investimenti; un esempio è senza dubbio quello descritto nell’articoloApre SymphonHy, la prima gigafactory per la produzione di fuel cell a idrogeno” pubblicato sulla rivista Quattroruote a firma di Claudio Todeschini.

Un fenomeno annunciato (o no?)

L’imposizione tecnologica causata dai reparti di comunicazione e marketing non produce progresso ma rischia di creare bolle di difficile manutenzione. La tecnologia ha bisogno di scenari realistici di applicazione e, soprattutto, di tempo per trovare una sostenibilità che in molti casi viene sottostimata. Si dovrebbe dedurre che il tempo sia contrario ai profitti? È una domanda non troppo scontata purtroppo. Il profitto, che dipende dalla quantità (q) venduta, è la differenza tra il ricavo totale (RT) e il costo totale (CT) di produzione1:

P (q)= RT(q) – CT(q).

Nella formula non è chiaramente espresso il fattore tempo che, tuttavia, è implicitamente inserito nella formula di profitto. Il costo totale è chiaramente comprensivo del fattore tempo. Il tempo è un elemento molto importante di consolidamento perché, sebbene possa provocare un rallentamento nel volume dei profitti sul breve periodo, può anche determinare una maggiore longevità della vita della soluzione proposta.

È necessario quindi fare un’attenta valutazione delle tecnologie quando queste si affacciano sul mercato e valutare pazientemente la loro effettiva sostenibilità in relazione a fenomeni ambientali, economici e di utilità. Eppure non tutti sono d’accordo sull’esistenza di questa “bolla“, la rivista Forbes a giugno del 2024 aveva fatto uscire un articolo dal titolo inequivocabile “Siamo di fronte a una bolla dei titoli tech? Gli indicatori dicono di no

Il titolo di Forbes

L’articolo all’interno è particolarmente esplicito in tal senso e spiega che i titoli azionari delle aziende continuano ad essere ottimali e che questo è sufficiente come “cartina tornasole” della condizione di salute dei titoli tech.

Questo andamento del mercato ha stimolato il dibattito tra investitori e analisti: siamo in presenza di una nuova bolla tecnologica? La risposta è che, al momento, non se ne riscontrano i segnali.[…] Inoltre, si può osservare oggi come la crescita delle quotazioni dei titoli tecnologici sia generalmente assistita da un corrispondente, se non ancor più sostenuto, aumento degli utili.[…] Allo stesso modo, tra le aziende non si vede un aumento della propensione a fare fusioni e acquisizioni. Quest’ultimo fattore, storicamente, raggiunge livelli alti durante i periodi di bolla: a tal punto che, in corrispondenza della crisi di Lehman Brothers, il volume di M&A aveva raggiunto un livello quasi doppio rispetto alla media, mentre oggi si registrano volumi intorno alla media o di poco superiori. Infine, non desta preoccupazioni nemmeno il livello di indebitamento delle famiglie americane, che in rapporto al prodotto interno lordo si mantiene a livelli molto bassi.

Conclusioni

Esiste quindi un futuro certo per tecnologie come la IA, come la block chain, come le criptovalute? La risposta è sì ma… e tale futuro si materializza solo quando tali tecnologie sono:

  • Economicamente sostenibili.
  • Non energivore.
  • Facilmente accessibili almeno dalla comunità alla quale si rivolgono.
  • Portatrice di sviluppo tecnologico e/o sociale.

Queste caratteristiche segnano gli elementi base per favorire uno sviluppo sano e gestibile delle tecnologie. Secondo la società di ricerca sull’energia Thunder said Energy nel 2030 la domanda di energia per alimentare l’AI potrebbe raggiungere, con alta probabilità, i 310 TWH(Tera Watt per Ora).

Tale consumo, normalmente, appartiene a paesi come la Norvegia, l’Australia o i Paesi Bassi e, invece, andrebbe sostenuto da una singolo azienda. Tornano quindi attuali le parole dette da Marchionne nel 2017: quelle che sostengono che prima di ogni innovazione tecnologica andrebbe valutata con attenzione la reale sostenibilità per evitare che questa possa essere una meteora o peggiorare le condizioni globali di vita. Le tecnologie che rimarranno al servizio dell’uomo saranno quindi solo quelle utili e sostenibili, quelle il cui utilizzo non causerà una rilevante compromissione del ciclo di vita naturale e finanziario dell’essere umano.


Note

  1. Per maggiori chiarimenti consultare il materiale pubblicato dall’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria presente a questo link ↩︎