Smartphone: messaggi e intercettazione

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Un articolo molto interessante chiarisce che, durante un procedimento giudiziario, il Tribunale ha deciso che le informazioni contenute in messaggi di posta elettronica, sms e messaggi whatsapp, non fossero assoggettati al concetto di “corrispondenza” (e di conseguenza alle norme che tutelano queste informazioni). Vediamo perchè.

 

Facciamo riferimento ad un articolo pubblicato dall’Avv. Anna Andreani

 

Il Fatto

Tizia, indagata per reati fallimentari connessi ai fallimento della società: il sequestro aveva ad oggetto, tra l’altro, le e-mail spedite e ricevute da account in uso all’indagata, nonchè il telefono cellulare del tipo smartphone dell’indagata, successivamente restituitole previa estrazione di copia integrale dei dati informatici memorizzati (sms, messaggi WhatsApp, e-mail).

A valle di questo

Tizia ricorre in Cassazione, deducendo, tra l’altro, l’invalidità della procedura di acquisizione dei messaggi e delle e-mail, in quanto si sarebbe dovuto adottare quella stabilita dall’art. 266 c.p.p. e ss., venendo in rilievo un’attività di intercettazione di flussi di comunicazioni telematiche.

Lo Cassazione penale Sez. V con la Sentenza n. 1822 del 16/01/2018 ha rigettato il ricorso perchè, come spiega l’Avvocato:

i dati informatici acquisiti dalla memoria del telefono in uso all’indagata (sms, messaggi whatsApp, messaggi di posta elettronica “scaricati” e/o conservati nella memoria dell’apparecchio cellulare) hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p.

la relativa attività di acquisizione non soggiace nè alle regole stabilite per la corrispondenza, nè tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche;

peraltro non è configurabile neppure un’attività di intercettazione, che postula, per sua natura, la captazione di un flusso di comunicazioni in corso, mentre nel caso di specie ci si è limitati ad acquisire ex post il dato, conservato in memoria, che quei flussi documenta.

Riferimenti utili