La settimana scorsa mi sono recato a Bruxelles per seguire un progetto che, in modo molto generico, potremmo definire d’integrazione tra tecnologie ICT. L’Europa sta tentando qualcosa di straordinariamente interessante, di cui pochi parlano e che, invece, andrebbe sottoposto ad un’attenta analisi.
Di cosa stiamo parlando
Di tanti progetti, ciascuno legato all’altro. Ognuno auto-consistente ma, al contempo, integrato con gli altri all’interno di uno scenario ben più grande e armonico. L’Europa sta investendo in questo, in un progetto (o per meglio dire, in una serie di progetti), dalle vedute veramente innovative. Spesso in questi progetti, la prima cosa che salta all’occhio, è la voglia di abbattere i confini geografici, cercando di rendere omogenee le tecnologie ma, soprattutto, le procedure.
Paese che vai, burocrazia che trovi
Che siate italiani, francesi, spagnoli o di un altro paese europeo, su una cosa vi troverete d’accordo: la burocrazia esiste e ha lo stesso volto tanto per un italiano quanto per un altro cittadino dell’UE. A rallentare questi progetti sono, spesso, le procedure burocratiche che impediscono (o rendono molto difficile) l’adozione di una o più soluzioni all’interno del proprio contesto. Questo significa che in Italia, ad esempio, sarà difficile importare una buona prassi di un altro paese perchè il comparto normativo e le procedure amministrative (per quanto simili) saranno diverse. La burocrazia diviene, quindi, il primo ostacolo trasversale e che ogni nazione deve necessariamente affrontare alla luce di una cooperazione reale.
Il cittadino al centro
I progetti spesso sono realizzati partendo da casi di successo. A loro volta i casi di successo hanno messo al centro del loro interesse il cittadino. Parliamo di progetti estremamente “pratici”, che portano un beneficio pressoché immediato all’utente finale e, per poter far questo, devono necessariamente tenere conto di chi sia veramente il cittadino ma, soprattutto, devono aver ben chiaro cosa voglia il cittadino. La persona viene quindi messa al centro di uno scenario in cui le sue necessità diventano l’oggetto del problema. La realizzazione consiste nel soddisfacimento di questi bisogni, con la migliore soluzione possibile e tramite l’utilizzo di tecnologie aperte.
Se non lavori…te ne vai
Non è la prima volta che assisto all’avvicendamento di più aziende in sostituzione di altre che, non essendo ritenute idonee, sono state invitate a lasciare il progetto ma un servizio analogo può essere riservato anche al management del progetto. In buona sostanza ciò che non funziona viene allontanato dal nucleo del progetto e gli viene impedito di “nuocere” con ritardi o con risultati di scarsa qualità. Per molti questo è un sogno, un’utopia che nella realtà italiana non si realizza quasi mai. In Europa, invece, non è poi così raro e questo spinge tutti gli appartenenti al progetto a dare il massimo, per ovvie ragioni…
Le diversità che rendono uniti
Ogni paese è diverso, usanze, procedure, leggi, eppure tutti devono coesistere. Forse l’Europa di oggi è ancora troppo giovane, forse l’Europa è un progetto troppo ambizioso per il periodo storico in cui viviamo. Eppure questa Europa ci prova a comunicare, facendo delle differenze il proprio punto di forza. L’interoperabilità, infatti, ha come unico vero scoglio, le differenze organizzative di un paese. Comprenderete che non esistono differenze tecnologiche: la tecnologia può essere sempre adattata all’esigenza dell’individuo ma è ben più complicato riuscire a far quadrare l’organizzazione. L’Europa ha un approccio molto propositivo circa le diversità: ogni diversità è considerata uno spunto di riflessione importante per apprendere come gestire quella “particolare esigenza” che, in altri paesi, non esiste o è espressa diversamente.
Andare ai meeting significa incrociare 10-30-70 persone ciascuno con la propria esperienza personale e lavorativa, con una conoscenza specifica del progetto e una mentalità pronta ad estendere la propria esperienza ad altre culture. La cosa sorprendente è che a questi tavoli siedono persone di 30 anni assieme a gente di 60. Non c’è distinzione di sesso, cultura, religione. L’unico vero scopo è collaborare per creare qualcosa di veramente utile, qualcosa che possa essere attivato il prima possibile e possa rendere veramente efficace il cambiamento.
Mantenere identità e autonomia
I risultati non cadono dall’alto in modo passivo. Sono proposte che, ogni paese, può adottare nel pieno rispetto della propria autonomia nazionale. Infatti ogni paese si trova a dover integrare il progetto in quei vincoli di cui abbiamo già parlato (normativi, organizzativi, etc…) ed è questa specificità che, al contempo, viene preservata. Sono queste specificità ad essere parte dell’identità del paese e questa identità deve essere mantenuta. Attenzione però, questo principio non pregiudica in nessun modo la messa in esercizio del progetto, anzi lo valorizza rendendolo più forte.
Un futuro che potrebbe essere vicino
C’è l’interesse dei governi, quello dei cittadini, quello delle imprese che voglio investire in progetti innovativi, e quello delle banche che fiutano le occasioni. I progetti che l’Europa sta proponendo non sono solo un’occasione futura, ma un prossimo passo verso un’unione più consolidata e quotidiana. Qualcosa che possa realmente cambiare la vita di chi abita nel vecchio continente. Questo futuro potrebbe essere molto prossimo se considerassimo l’evoluzione di determinate tematiche e, ancor di più, se pensassimo che l’applicazione potrebbe essere relativamente facile provenendo da buone prassi già in uso presso i paesi.
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